Il Padre Domenico Di Marco o.f.m, per la ricchezza delle opere compiute, l’impegno, apostolico, la santità della vita, la stima e la devozione che costantemente lo circondarono, merita di essere ricordato come sacerdote esemplare e degno figlio di S. Francesco, missionario, scrittore, confessore,e apprezzatissimo direttore di coscienze…Come storico il p. Domenico si è reso particolarmente benemerito per il suo volume su il santuario della Madonna di Cacciapensieri, patrona primaria di Cammarata e San Giovanni (Palermo 1950) in cui, dopo ampie ricerche archivistiche, traccia una storia documentata dell’insigne santuario della Madonna di Cacciapensieri e del Convento di S. Maria di Gesù, mettendone in risalto il valore storico e religioso e i numerosi santi che fiorirono tra le loro mura. …Nacque a Cammarata il 7 marzo 1882 da Carmelo e Giuseppa Lombardo. Avendo sentito la vocazione sacerdotale, frequentò la chiesa di Santa Maria e, accolto nell’ordine francescano, ne vesti l’abito il 26 febbraio 1899; fu ammesso alla professione semplice il 27 febbraio 1900 e a quella solenne il 15 marzo 1903. Quanto sopra è tratto dal libro “Cammarata – Cronache dei secoli XIX e XX” (p.682 e 683) del compianto Mons. Domenico De Gregorio nel quale ricorda la figura, tracciandone un completo profilo, di p. Domenico Di Marco autore del volume il santuario della Madonna di Cacciapensieri patrona primaria di Cammarata e San Giovanni dal quale abbiamo riportato i Miracoli attribuiti alla Vergine Santissima.

I due grandi miracoli della Vergine

La Madonna di Cacciapensieri sin dall’antichità dei secoli ha soverchiato di grazie e portenti i due paesi di Cammarata e San Giovanni. La frase potrà sembrare esagerata, eppure corrisponde a verità. Per convincersene basta sfogliare i diversi volumi manoscritti dell’archivio del convento di S. Maria, dove sono registrate le grazie e i favori che la Vergine con vera generosità materna ha elargito ai suoi devoti, non solo dei due comuni limitrofi, ma anche dei paesi lontani. Fra tanti ne scegliamo due, perché in essi rifulge veramente la potenza della Madre di Dio, sempre pronta a soccorrere, anche nelle necessità temporali, a chi l’invoca con filiale confidenza. Dopo l’arrivo del Vicerè Vittorio Emanuele Filiberto di Savoia – 1622 – la Sicilia fu colpita dal terribile flagello della peste. La morte mieteva con la sua falce micidiale vittime e migliaia. Cammarata e San Giovanni ne furono colpiti nel 1627. Lo spavento della popolazione fu si grande, che i più abbandonarono il paese e corsero a nascondersi in campagna per evitare ogni contagio. Un silenzio sepolcrale regnava nelle piazze e per le vie. Le autorità locali ricorsero a tutti i mezzi per arrestare il male, ma esso incrudeliva sempre più. Le case rigurgitavano di malati, perché il lazzaretto non ne poteva più contenere e già si pensava ad aprirne un altro. Lo scoraggiamento si era impossessato di tutti, autorità e popolo. Ma restava ancora una speranza, cioè, il ricorso a quella Madre, che i fedeli acclamano “aiuto dei cristiani e salute degli infermi”. Il clero di Cammarata e San Giovanni, di comune accordo, indisse un pellegrinaggio di penitenza al Santuario. L’arciprete di Cammarata, salito sul pulpito, con parola vibrante di fede vivissima incoraggiò il popolo a confidare nella protezione materna della Vergine. La commozione, suscitata da questa esortazione, fu tale, che tutti ne piansero. Cantando il Miserere, clero e popolo lasciarono la chiesa al canto delle litanie lauretane. A questo pellegrinaggio ne seguirono altri, anche di notte. Ma il flagello epidemico continuava implacabile a mietere numerose vittime. Fu allora che il clero dei due comuni e le autorità municipali si riunirono nella chiesa di San Sebastiano. Si decise di portarsi in processione di penitenza al Santuario della Madonna di Cacciapensieri, per implorare dalla Vergine la cessazione del flagello. Prima di partire l’arciprete Filippo Lo Scrudato, più col pianto che con la parola, riaccese nel popolo una tale confidenza nella Madre di Dio, che il cuore di tutti si aprì a una dolce speranza, cioè, che Maria Santissima avrebbe esaudite le loro preghiere. I padri del convento attendevano, in abito di penitenza, alla porta del Santuario. Un religioso, salito sul pulpito, invitò i fedeli a chiedere prima di tutto a Dio perdono dei propri peccati e confidare nella potenza taumaturga della Madre del Signore. Frattanto si svelò l’immagine della Vergine. Fu un pianto generale, un percuotersi di petti: tutti recitarono l’atto di dolore più con le lacrime, che con le labbra. Il superiore del convento, quasi ispirato dall’Alto, indossati i paramenti sacri, si portò all’altare, ne estrasse il Santissimo e benedisse tra la commozione generale l’addolorato popolo. Fu un attimo: l’atmosfera riprese le tinte di un sereno limpido e cristallino, le nubi, che sino allora, avevano coperto il cielo, si diradarono e spuntò il bel sole primaverile – quasi presagio della grazia imminente. Il signore, per l’intercessione della Vergine, aveva operato il miracolo: la peste era cessata, come per incanto. I malati abbandonavano il lazzaretto, guariti. Era la Domenica delle Palme, 2 aprile. Il ritmo della vita riprese subito, nei due comuni tutti ritornarono ai loro lavori benedicendo ed esaltando la Misericordia divina e la Madre celeste. Ma i nostri antenati, perché cristiani, non di nome, ma soprattutto di fatto, vollero lasciare un ricordo perenne del miracolo, ottenuto per l’intercessione della Vergine di Cacciapensieri, affinchè i loro discendenti non dimenticassero che è soltanto la fede viva e operosa che commuove la misericordia di Dio e salva le anime. Il 10 aprile 1627, lunedì di Pasqua, nella chiesa di San Sebastiano, si riunirono i giurati, il Sindaco, il Capitano e, chiamato il notaio del Municipio, Giovanni Antonio Tagliareni, emisero, a nome di tutto il popolo, un voto solenne da valere anche per i loro successori, che ”il lunedì immediato alla Domenica di Resurrezione di N.S. Gesù Cristo, di ogni anno, in perpetuo, in forma di magistrato, si deve andare nella chiesa dei RR. Padri, dove si venera il sacratissimo Simulacro della SS. Vergine Maria di Cacciapensieri ed ivi assistere alla messa solenne, recitando l’orazione panegirica il predicatore della Maggior Chiesa di Cammarata, a lode e gloria di Dio ed in memoria del beneficio ricevuto per la Vergine nostra Madre e Signora.” Pubblicatosi il VOTO, nel convento dei PP. Domenicani in Cammarata si adunarono i superiori delle Confraternite dei due comuni e stabilirono di offrire alla Vergine Santissima di Cacciapensieri in omaggio perpetuo e in ringraziamento della grazia generosamente concessa “un’oblata di cera lavorata in segno della patronanza che Essa ha sopra queste due popolazioni di Cammarata e San Giovanni da adempiersi il tempo della Domenica di Pasqua e tutta la domenica in Albis, nel corso di detta settimana si dovrà adempiere al voto, e che la cera che si porterà, si dovranno i PP. Del convento obbligare a consumarla nei sabati nell’anno in ossequio di Maria SS.” Con lettera del 29 maggio 1627 il Vescovo di Agrigento approvò il voto.

Il secondo grande miracolo della nostra Vergine di Cacciapensieri avvenne nel 1837, quando la Sicilia fu colpita dal cholera morbus. Città, paesi e villaggi furono decimati dal terribile male, tra i quali Cammarata e san Giovanni. Ma la fede di quelle buone popolazioni non era ancora spenta. Il miracolo del 1627, quando la nostra Madonna fece cessare la peste, era sempre vivo nella loro memoria, come l’è vivo ancor oggi, e perciò fiduciosi che la Madre divina sarebbe venuta ancora una volta in loro aiuto, il 24 luglio si portarono in processione penitenziale al Santuario della Vergine di Cacciapensieri per impetrare il suo materno aiuto. Giunto il corteo in chiesa, si chiese al superiore del convento di portare in processione la venerata immagine della Madonna. Egli acconsentì subito al desiderio del popolo, e, levata la statua dalla nicchia, la processione si mosse devota e composta. Alla prima sosta, dietro la casa di Francesco Centinaio, il P. Pasquale da Cammarata esortò il popolo a perseverare nella preghiera con confidenza filiale. La processione al canto delle litanie lauretane. Vicino ai Claudii sostò di nuovo e parlò il Vicario Foroneo di Cammarata. Alla Rocca, un fervorino del P. Salvatore da Sciacca commosse tutti sino alle lacrime. Di ritorno, la processione si fermò nello spiazzale, prospiciente il giardino del convento, detto, allora, il piano delle Logge(erano casette in muratura, dove i negozianti che intervenivano alla fiera del 15 agosto, esponevano la loro merce), dove il P. Serafino da Villafranca con parola calda e piena di fede, incoraggiò i fedeli a confidare sempre più nell’intercessione materna della Madre di Dio. Ed ecco avanzare il P. Luigi da Cammarata con Gesù Sacramentato per benedire l’afflitto popolo. Ma non appena il Santissimo fu a vista della Vergine, si osservò da tutti che dal volto della Venerata Immagine grondava un abbondante sudore. Fu un momento di commozione generale: il grido di “pietà e misericordia!” riecheggiò con più intenso fervor. Tutti volevano inzuppare i fazzoletti nel poderoso sudore, che colava dalla fronte della taumaturga immagine. Impartita la benedizione eucaristica, la processione rientrò in chiesa, ma quando la statua della Vergine fu posta sull’altare, ecco rinnovarsi il miracolo del sudore con nuova e crescente commozione dei presenti. Ma la grazia era ormai concessa, il terribile morbo era scomparso. Anche questa volta la Madre di Cacciapensieri aveva consolato con materna e affettuosa sollecitudine i suoi devoti figli.

Nell’archivio del convento esiste una relazione del miracolo, firmata da testimoni oculari.

Son questi i due grandi miracoli che la nostra Madonna si è degnata di operare a favore della popolazione dei due comuni, Cammarata e S. Giovanni. Ma quante altre volte Ella non è venuta in loro soccorso. Chi scrive può attestare con tutta coscienza che nella primavera del 1896, una persistente siccità minacciava il raccolto. Preghiere pubbliche e processioni di penitenza si succedevano quasi ogni giorno. Ma quando si portò in processione la taumaturga immagine della Vergine di Cacciapensieri, non appena si uscì dalla chiesa, giunti alla Croce, cominciò a piovere, a dirotto, tanto che alcuni pensarono di tornare indietro, ma i più si opposero e la processione, sempre sotto la pioggia, continuò sino a S. Vito. Nell’aprile del 1945, primavera anche questa di siccità, al terzo giorno del triduo in onore della Madonna, la Vergine Santissima si compiacque di concedere la grazia: un’abbondante pioggia rinfrescò e ridiede la vita alla campagna. Si ricorda inoltre: A Villafranca Sicula nel 1720 la Vergine guarì istantaneamente una donna da un cancro. Nel 1787 in Casteltermini Domenico Leone, munito già dei SS. Sacramenti, guarì miracolosamente. Nello stesso anno, in Corleone una suora del monastero di S. Maddalena, dopo sette anni di grave malattia, ottenne la guarigione. A memoria della grazia ricevuta fece dipingere sulla volta della chiesa la Madonna di Cacciapensieri col B. Giovanni da Cammarata. In Palermo nel 1792, la baronessa Sapienza dopo 18 mesi che giaceva a letto, per grave malattia, ne fu liberata dalla Vergine. A Lercara nel 1860 salvò da sicura morte Alfio Ciminnita il sac. Giacomo Paci. Nel 1929 a Villagrazia la Madonna guarì da una lunga e grave malattia Caterina Lo Presti, sposata gambino.

Cammarata e San Giovanni possono veramente gloriarsi di avere una Madre e Patrona così affettuosa.